Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Emilia-Romagna,
 in  persona  del  presidente  della  giunta  regionale   pro-tempore,
 autorizzato  con  deliberazione della giunta regionale n. 2357 dell'8
 giugno 1993, rappresentata e  difesa,  come  da  mandato  a  margine,
 dall'avv.  Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto presso
 l'avv. Luigi Manzi di Roma, via Confalonieri 5, contro il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  per la dichiarazione che non spetta al
 Ministro dei trasporti, con riferimento al decreto 15 marzo  1993  di
 dettare,  in  attuazione  del  d.P.R.  n.  753/1980 e in relazione ai
 servizi  automobilistici   di   interesse   regionale,   "Disposizoni
 riguardanti  l'idoneita'  tecnico-professionale,  fisica e morale dei
 direttori di esercizio dei servizi di pubblico trasporto terrestre  e
 dei  loro  sostituti",  e  comunque  per l'accertamento del carattere
 lesivo delle prerogative regionali garantite dagli artt.  117,  primo
 comma,  e  118,  primo  comma,  della Costituzione, delle illegittime
 modalita' di esercizio di tale presunto potere; e per il  conseguente
 annullamento del predetto decreto del Ministro dei trasporti 15 marzo
 1993,  per  violazione  dei  richiamati  articoli della Costituzione,
 nella parte in cui illegittimamente interferisce con  le  prerogative
 regionali, secondo quanto di seguito analitivamente illustrato.
                               F A T T O
    Con  il  d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, il legislatore delegato ha
 dettato Nuove norme in materia di polizia,  sicurezza  e  regolarita'
 dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto.
    In distinti titoli esso ha disciplinato gli oggetti specificamente
 indicati  dall'art. 1, primo comma, lett. a), della legge di delega 6
 dicembre 1978, n. 835, in relazione alle ferrovie, e precisamente: il
 comportamento degli utenti delle ferrovie e del  pubblico  in  genere
 nell'ambito  ferroviario  e  in prossimita' dello stesso (titolo II);
 l'attivita' di prevenzione e accertamento delle infrazioni alle norme
 relative alla polizia dei trasporti (titolo III);  le  procedure  per
 l'applicazione   delle  sanzioni  amministrative  e  devoluzione  dei
 proventi delle sanzioni  stesse  (titolo  VI);  la  disciplina  delle
 separazioni  delle  proprieta' laterali dalla sede ferroviaria, delle
 servitu'  e  dell'attivita'  di  terzi  in  prossimita'  della   sede
 ferroviaria  ai  fini  della  tutela  della  sicurezza dell'esercizio
 (titolo  V);  i  sistemi  di  protezione  degli  attraversamenti  dei
 passaggi  a  livello  e  prescrizioni per gli utenti (titolo VI); gli
 interventi  per  la  rimozione  di  cadaveri  rinvenuti  sulla   sede
 ferroviaria  e  per  la  rimozione  del materiale rotabile in caso di
 incidente (titolo VII); gli obblighi e responsabilita' dei  direttori
 di  esercizio  delle  ferrovie in concessione o in regime di gestione
 commissariale governativa (titolo VIII).
    Si tratta, come mostrano le stesse intitolazioni, di problematiche
 quasi del tutto specifiche delle ferrovie.
    Secondo la stessa legge di delega, il legislatore delegato avrebbe
 dovuto altresi'  (art.  1,  primo  comma,  lett.  c),  "provveere  al
 riordinamento  e all'aggiornamento delle disposizioni per la polizia,
 la sicurezza e la  regolarita'  dei  servizi  di  trasporto,  con  il
 criterio della estensione della validita', oltre che alle ferrovie in
 concessione   o   esercitate  in  regime  di  gestione  commissariale
 governativa a tutti gli altri pubblici servizi di trasporto terrestre
 che siano rimasti di competenza  degli  organi  dello  Stato  e,  per
 quanto  concerne  le  disposizioni  in materia di polizia e sicurezza
 dell'esercizio, anche ai servizi  trasferiti  alla  competenza  delle
 regioni".
    Era  dunque  evidente  che  il legislatore delegato avrebbe dovuto
 elaborare una apposita ed organica  disciplina,  distinta  da  quella
 avente  a  fondamentale oggetto le ferrovie, adeguata alla natura dei
 diversi servizi di trasporto.
    Esso invece si limito' a dettare una generica norma di estensione,
 stabilendo (art. 1, terzo comma) che "salvo  quanto  specificato  nei
 successivi  articoli,  le  norme  comunque riguardanti le ferrovie in
 concessione sono estese a  tutti  gli  altri  servizi  collettivi  di
 pubblico  trasporto  terrestre di competenza degli organi dello Stato
 e, se concernenti la polizia  e  la  sicurezza  dell'esercizio,  sono
 estese anche a quelli di competenza delle regioni".
    Una  siffatta  disposizione  non solo e' in sostanziale violazione
 della legge di delega (che non prevedeva affatto  l'estensione  delle
 norme "ferroviarie" agli altri servizi; ma una apposita disciplina di
 riordinamento  delle  norme  relative  a  tali altri servizi), ma non
 poteva, nella sue genericita', non  essere  fonte  di  ambiguita'  ed
 equivoci,  di  cui  e'  espressione  anche  la vicenda che origina la
 presente controversia.
    Come gia'  accennato,  il  titolo  VIII  del  decreto  legislativo
 disciplina  gli obblighi e responsabilita' dei direttori di esercizio
 delle ferrovie in concessione o in regime di  gestione  commissariale
 governativa.
    E'  vero che esso si riferisce, negli artt. 89-94, anche a servizi
 delle regioni e degli enti locali: ma sempre, si intende,  in  quanto
 si  tratti  di servizi di tipo ferroviario, i soli ai quali si adatta
 la macchinosa disciplina in essi disposti.
    In particolare, e' da  escludere  che  tali  disposizioni  possano
 riferirsi  ai servizi di tipo automobilistico: cio' che e' confermato
 anche dal fatto che i requisti richiesti alle imprese che  esercitano
 il  trasporto  di viaggiatori con autoveicoli di linea sono stabiliti
 dal d.m. 20 dicembre 1991, n. 448, in aderenza ad apposita  normativa
 comunitaria  (precisamente,  si  tratta del regolamento di attuazione
 della direttiva del consiglio delle Comunita' europee n. 438  del  21
 giugno  1989, riguardante l'accesso alla professione di trasportatore
 di viaggiatori su strada  nel  settore  dei  trasporti  nazionali  ed
 internazionali).
    Invece,  con  il  qui  impugnato  decreto  del  15  marzo  1993 il
 Ministero dei trasporti pretende  di  dettare,  in  attuazione  degli
 artt.  90  e  91  del  d.P.R.  n.  753/1980, Disposizioni riguardanti
 l'idoneita' tecnico-professionale, fisica e morale dei  direttori  di
 esercizio,  non  solo  riguardanti  i servizi di tipo ferroviario, ma
 persino le autolinee. E poiche'  da  tale  disciplina  non  risultano
 escluse  le  autolinee  di  competenza regionale, essa risulta lesiva
 delle competenze costituzionali della regione.
    Inoltre, anche nel suo concreto contenuto la  disciplina  disposta
 illegittimamente  si allontana dalle stesse regole poste dai predetti
 artt. 90 e 91, con ulteriore illegittimita' lesiva delle  prerogative
 regionali, secondo quanto di seguito illustrato in
                             D I R I T T O
    1.   -  Non  spettanza  in  capo  al  Ministro  dei  trasporti  di
 disciplinare, in attuazione degli artt.  90  e  91  del  d.P.R.    n.
 753/1980,  la  figura  del  direttore  di  esercizio  delle autolinee
 regionali.
    Come detto in narrativa, la prestazione del servizio di  trasporto
 viaggiatori   con  autoveicoli  di  linea  e'  oggetto  di  normativa
 specifica, attuativa di direttive comunitarie, attualmente  stabilita
 dal d.m. 20 dicembre 1991, n. 448: il quale disciplina i requisiti di
 ogni  genere,  compresi  quelli  professionali,  per  lo  svolgimento
 dell'attivita'.
    Limitandosi esemplificativamente a questi  ultimi,  si  stabilisce
 (art.  6)  da  un lato che il requisito della idoneita' professionale
 "e' soddisfatto  qualora  gli  interessati  dimostrino  di  possedere
 adeguata conoscenza delle materie riportate nell'elencazione allegata
 al  presente  regolamento", dall'altro che "a seguito del superamento
 dell'esame vertente sulle predette materie davanti  alle  commissioni
 regolarmente  istituite,  ai  sensi  del  successivo  art. 10, verra'
 rilasciato dal competente ufficio provinciale M.C.T.C.  un  attestato
 che   abilita  l'interessato  a  dirigere  l'attivita'  di  trasporto
 esclusivamente nazionale ovvero anche internazionale".
    Precisa inoltre tale decreto  che  il  requisito  della  idoneita'
 professionale  deve  essere  posseduto:  "qualora trattisi di impresa
 individuale dal titolare o dalla persona o dalle persone da lui  des-
 ignate  che dirigono l'attivita' di trasporto dell'azienda in maniera
 permanente ed effettiva", mentre "in tutti gli altri casi di  impresa
 diversa  da  quella individuale" il requisito dovra' essere posseduto
 dalla persona o dalle persone che dirigono l'attivita'  di  trasporto
 in maniera permanente ed effettiva.
    Disposizioni corrispondenti sono dettate per gli altri requisiti.
    Ora,   a  fronte  di  tale  disciplina  equa  ed  equilibrata  (ed
 oltretutto omogenea sul piano europeo, ad evitare  alterazioni  nella
 concorrenza  tra  imprese)  il  decreto  qui  impugnato  pretende  di
 disciplinare   la   stessa   materia   rifacendosi,   anziche'   alle
 disposizioni  specificamente dettate per il trasporto su strada, alle
 regole per le ferrovie|
    Dispone infatti l'impugnato decreto che le proprie disposizioni si
 applicano, tra l'altro, alle "autolinee" (art. 1, primo comma), e che
 il  "direttore  di  esercizio" di ciascuna autolinea dovrebbe avere i
 requisiti generali, fisici, tecnico-professionali e morali  stabiliti
 dall'art. 2.
    Ad  esempio,  per  quanto  riguarda  i requisiti professionali, il
 direttore di esercizio dovrebbe essere, alla stregua del primo comma,
 n. 3), immancabilmente provvisto della laurea in  ingegneria:  almeno
 cosi'  sembra  di  capire,  dato che il testo, infelicemente redatto,
 nella sua  formulazione  letterale  potrebbe  legittimare  anche  una
 diversa  interpretazione  "minimalista",  che  riduca  per  i servizi
 automobilistici  i  requisiti  professionali  alla  sola  "esperienza
 specifica  nel  settore  non inferiore ad anni tre" di cui al secondo
 periodo.
    Si e' fatto  cenno  alla  questione  del  requisito  professionale
 perche'  esso  risulta  particolarmente  gravoso,  dato  che di fatto
 elimina per la regione la possibilita' di continuare ad avvalersi  di
 concessionari  organizzati  in  imprese di tipo familiare, e con cio'
 elimina la possibilta' di una gestione del servizio attenta ai costi.
    Ma, se si conviene che le disposizioni del titolo VIII del  d.P.R.
 n. 753/1980, in ragione del loro specifico contenuto dispositivo, non
 sono  applicabili  alle  autolinee,  risulta  ugualmente illegittimo,
 nella  parte  in  cui  si  riferisce  ad  esse,  l'intero   contenuto
 dispositivo dell'impugnato decreto.
    Ne'  si  puo' dire che esse, benche' concepite per le ferrovie, si
 "estendono" alle autolinee regionali in quanto cosi' dispone il terzo
 comma dell'art. 1 del d.P.R. n.  743/1980.  Da  una  parte,  infatti,
 l'estensione  fa  comunque  salvo  "quanto specificato nei successivi
 articoli": ed il senso di tale salvezza non puo' che essere un rinvio
 al senso specifico delle varie disposizioni, ed all'oggetto cui  esse
 intendano   applicarsi.   D'altra  parte,  per  i  servizi  regionali
 l'estensione e' limitata alle regole  in  materia  di  polizia  e  di
 sicurezza, secondo la precisa indicazione della legge di delega.
    Ora,  nel  caso  dei requisiti professionali la "sicurezza" non e'
 l'oggetto proprio  delle  regole  e  della  disciplina  (come  se  si
 trattasse di una normativa di sicurezza, cioe' concernente le cautele
 che  devono essere assunte nello svolgere una determinata attivita').
 E' palese invece  che  i  requisiti  di  idoneita'  (compresi  quelli
 generali,   quali   la   cittadinanza,   ed   anche   "morali")  solo
 indirettamente e mediatamente  possono  riflettersi  sulla  sicurezza
 dell'esercizio,  ma  non  costituiscono  invece  norme  in materia di
 sicurezza, cui la legge di delega prima, e il  decreto  delegato  poi
 limitano l'estensione.
    D'altronde,   come   gia'   accennato,   ove  si  volesse  in  via
 interpretativa  accogliere  la  tesi  della  estensione  generale  ai
 servizi  di  trasporto,  con  cio'  stesso si finirebbe per affermare
 l'illegittimita' costituzionale, che  qui  a  titolo  cautelativo  si
 eccepisce,  del decreto legislativo per violazione dei principi della
 delega, nei quali era prevista non affatto la cervellotica estensione
 delle regole ferroviarie  ad  ogni  tipo  di  trasporto,  bensi'  una
 apposita   normativa  delegata  con  il  compito  di  "provvedere  al
 riordinamento e all'aggiornamento delle disposizioni per la  polizia,
 la sicurezza e la regolarita' dei servizi di trasporto".
    2.  -  Ulteriore  profilo  di  illegittimita' per violazione delle
 disposizoni dell'art. 90  del  d.P.R.  n.  753/1980.  Violazione  del
 principio di legalita'.
    Come  sopra detto, ad avviso della ricorrente regione i servizi di
 tipo automobilistico hanno una propria disciplina  particolare,  oggi
 derivante  da  normativa  comunitaria, e non rientrano nell'ambito di
 azione del titolo VIII del d.P.R.  n. 753/1980.
    Ma se pure, in denegata ipotesi, si volesse  farli  rientrare,  la
 disciplina   posta   dall'impugnato  decreto  rimarrebbe  affetta  da
 illegittimita', che si ripercuotono anch'esse in termini negativi  ed
 invasivi      sull'esercizio     delle     funzioni     amministative
 costituzionalmente assicurate alla regione.
    In  effetti,  l'art.  90,  secondo  comma,  del   citato   decreto
 legislativo  prevede bensi' che l'idoneita' tecnico-professionale del
 direttore o del responsabile di esercizio sia accertata  "sulla  base
 delle  disposizoini  che  verranno stabilite con decreto del Ministro
 dei trasporti": ma cio' significa soltanto che il Ministro  potra'  e
 dovra'  stabilire  le  modalita' per l'accertamento dell'idoneita' su
 base fattuale (cioe' sulla base della sua effettiva  esistenza);  non
 significa  invece  affatto  che  la  legge  autorizzi  il Ministro ad
 "inventare" specifici requisiti professionali e titoli abilitanti che
 la legge non prevede, e la cui esistenza, come fattore  limitante  la
 liberta'  professionale,  e'  evidentemente  soggetta  a principio di
 legalita' sostanziale.
    Anche sotto questo profilo, e  per  le  stesse  ragioni,  l'intero
 contenuto  disposizonito dell'art. 2 dell'impugnato decreto si rivela
 illegittimo, per tutti i requisiti che non siano  gia'  stabiliti  da
 diversa   disciplina:  come,  ad  ulteriore  esempio,  la  arbitraria
 fissazione di un limite di eta'  "non  inferiore  a  30  anni  e  non
 superiore a 65".
    3.  -  Ulteriore  profilo  di  illegittimita' per violazione delle
 disposizioni dell'art. 90 del d.P.R. n. 753/1980.
    Ancora, la stessa normativa "ferroviaria" del d.P.R.  n.  753  non
 prevede, nel proprio articolato, una generica figura di "direttore di
 esercizio"  della  linea  ferroviaria,  bensi' prevede la presenza, a
 volte cumulativa, altre volte  alternativa,  del  "direttore"  e  del
 "responsabile di esercizio".
    Non  si  tratta  di  due  figure equivalenti, come si evince dalla
 circostanza che la stessa disposizione che abilita' il  Ministro  dei
 trasporti   ad   emanare   le  disposizioni  per  l'accertamento  dei
 requisiti, lo obbliga altresi' a fissare "le categorie di aziende o i
 sistemi di trasporto per i quali  viene  richiesta  l'una  o  l'altra
 funzione".
    Insomma, mentre il decreto ministeriale non avrebbe dovuto affatto
 stabilire  specifici  requisiti, ma solo determinare il modo del loro
 accertamento, esso avrebbe invece dovuto dare corpo alla  distinzione
 legislativa  tra  direttore  e  responsabile  di  esercizio: restando
 sottinteso nella normativa primaria che il responsabile di  esercizio
 e'  una  figura  organizzativa  propria di aziende o attivita' minori
 rispetto a quelle  per  cui  puo'  essere  richiesta  la  figura  del
 direttore.
    Ed  e' dunque ovvio e conseguente che, se pure si fosse dovuto con
 decreto ministeriale fissare dei "requisiti"  (che  in  realta'  sono
 delle  illegittime  limitazioni) per l'esercizio dell'attivita', essi
 avrebbero dovuto  pur  sempre  essere  differenziati  per  la  figura
 maggiore e per quella minore.
    Invece  l'impugnato  decreto,  che ha voluto fare cio' che non gli
 era  consentito  (ovvero  la  posizione  di  veri  e  propri  limiti,
 camuffati  da elementi di idoneita'), non ha voluto fare cio' che gli
 era  prescritto,  ovvero   individuare,   nel   proprio   ambito   di
 applicazione  (che  secondo  la  ricorrente  regione  non comprende i
 servizi automobilistici) le due distinte figure organizzative.
    Anche  sotto  questo  profilo  il  decreto  impugnato  si   rivela
 illegittimo,  e tale da interferire lesivamente con l'esercizio delle
 funzioni amministrative spettanti alla regione in materia di  tramvie
 e  linee automobilistiche di interesse regionale, ponendo illegittimi
 limiti giuridici alla  possibilita'  di  avvalersi  di  concessionari
 dotati  di  struttura  organizzativa  diversa da quella disegnata nel
 decreto stesso.
    Tutto cio' premesso,  la  ricorrente  regione  Emilia-Romagna,  ut
 supra rappresentata e difesa chiede